Un’impronta ecologica per gli alimenti

Attendere metodi di misure e label uniformi per il calcolo dell'impronta ecologica delle imprese del settore alimentare. Questo uno dei risultati del workshop organizzato dal TIS innovation park lo scorso 16 novembre.

26 novembre 2010 TIS Innovation Park - Area Energia & Ambiente

<p>I clienti vogliono <b>consumare</b> sempre di più <b>in modo ecologicamente corretto</b> e si interessano quindi anche delle quantità di emissioni di CO2 determinate dal ciclo di vita di un prodotto. Anche le imprese del settore alimentare devono osservare questo trend. <br />Purtroppo per l’accertamento delle emissioni di CO2 da parte delle imprese non ci sono ancora né linee guida né label unitari per la comunicazione ai consumatori. Per le <b>imprese del settore alimentare</b> è sicuramente opportuno sapere quali sono gli <b>effetti delle proprie emissioni sull’ambiente</b>, ma al momento sembra ancora prematura una specifica discussione relativa alla propria impronta ecologica.</p><p>Questa è stata la conclusione di <b>Lorenz Widmann</b>, mastro birraio e tecnologo di bevande della Baviera, che ha già calcolato la cosiddetta "impronta ecologica" per diverse imprese. Widmann ha tenuto una relazione su questa tematica il 16 novembre su invito del Cluster Alimentaris del TIS innovation park.</p><p>"Il problema principale è costituito dalla domanda, dove inizia e dove finisce il mio prodotto" ha spiegato Widmann nel suo intervento. <br />Cosa significa: il produttore di generi alimentari, nel calcolo della propria impronta ecologica, deve tenere presente solo le <b>emissioni di anidride carbonica della produzione principale</b>, la sua elaborazione e l’imballaggio relativamente al proprio lavoro o deve considerare anche le azioni del consumatore finale? </p><p>Un <b>esempio</b>: un produttore di alimenti per bambini vende "delicate carotine" in un contenitore di vetro. Le carote possono essere preparate a casa in modi diversi, per esempio nel forno a microonde, con un fornello elettrico o con uno a gas. L’emissione di anidride carbonica quindi può variare a seconda della modalità di preparazione. Nella preparazione con il microonde risulta meno CO2 rispetto al riscaldamento con un fornello a gas o elettrico. Allo stesso modo nel calcolo rientra anche la strada percorsa con la bicicletta, con l’auto o l’autobus. Questo esempio illustra la <b>complessità del calcolo dell’anidride carbonica</b>.</p><p>Che significato hanno tutte queste considerazioni per le <b>imprese altoatesine del settore alimentare</b>? Al momento sembra prematuro un calcolo puramente basato sulle emissioni causate dalla produzione della materia prima, dalla lavorazione e dall’imballaggio. Ha più senso realizzare una bilancia ecologica che misuri tutti gli effetti delle imprese includendo l’uso di energia e acqua. La realizzazione di un tipo di bilancia ecologica come questa dura pochi giorni e le imprese che sono certificate ISO hanno già a disposizione questi dati.</p><p>"La relazione di Lorenz Widmann ha chiarito quanto è complesso e corretto il calcolo dell’impronta ecologica per gli alimenti e che è importante non agire in modo precipitoso, ma essere ben preparati" afferma <b>Bettina Schmid</b>, Manager del Cluster Alimentaris del TIS innovation park. "In ogni caso le imprese dovrebbero prestare attenzione agli effetti sull’ambiente e dovrebbero comunicare con i clienti positivamente in una direzione ecologica, ma anche sociale – seguendo il motto ‘Fai del bene e fallo sapere’" conclude Schmid.</p><p></p><p></p>


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