Convegno annuale di Kyoto Club: l’intervento di apertura della Presidente Catia Bastioli

L'intervento di apertura di Catia Bastioli, CEO Novamont SpA e Presidente Kyoto Club, al Convegno organizzato dall'Associazione dal titolo "I cambiamenti climatici come opportunità. Da Durban al Rio+20 Earth Summit".

17 febbraio 2012 Fonte: Kyoto Club

<p><b>Intervento di apertura di Catia Bastioli, CEO Novamont S.p.A. e Presidente Kyoto Club</b> al convegno annuale di Kyoto Club, "<i><a href="https://www.kyotoclub.org/documentazione/rapporti-documenti/2012-feb-16/per_nuovo_modello_di_sviluppo_energetico_ambientale_contro_crisi_economica_risorse_presentazioni_convegno_annuale_di_kyoto_club/docId=2670">I cambiamenti climatici come opportunità. Da Durban al Rio+20 Earth Summit</a></i>".</p><p><b>1. I ringraziamenti</b></p><p>I ringraziamenti più sentiti di Kyoto Club:</p><p>&#61553; Al Comune di Roma per il patrocinio e per aver, anche quest’anno, voluto mettere a disposizione la Sala della Protomoteca e all’Assessore Marco Visconti, per la sua partecipazione e il suo intervento.<br />&#61553; Al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e al Ministero dello Sviluppo Economico per i loro patrocini.<br />&#61553; Al Ministro Corrado Clini, per aver voluto essere presento e per il suo contributo alla nostra discussione.<br />&#61553; Al Direttore generale Harry Lehmann, ai colleghi imprenditori ed alle ed ai rappresentanti delle aziende che hanno accettato il nostro invito ad intervenire.<br />&#61553; A tutte e tutti i partecipanti.<br />&#61553; Un ringraziamento speciale e la gratitudine di tutte e tutti noi al Presidente della Repubblica per il messaggio augurale che ha voluto inviare al nostro convegno</p><p><b>2. Durban</b></p><p><b>Gli aspetti incoraggianti</b></p><p>Alla conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, tenutasi in Sudafrica dal 28 novembre al 9 dicembre scorsi, 194 Paesi hanno concordato un mandato per un accordo globale sul clima. Questo è il punto politico più importante: <b>tutti i Paesi</b> contribuiranno a raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni di anidride carbonica. E’ una novità rilevante perché nel Protocollo di Kyoto non tutte le nazioni si sono date obiettivi di riduzione: gli Stati Uniti, per esempio, grandi produttori di gas climalteranti, non hanno ratificato il Protocollo e non hanno perciò assunto impegni.</p><p>L’atteggiamento della Cina, dell’India e degli altri Paesi cosiddetti a rapido sviluppo a Durban è stato più costruttivo che in passato ed <b>il fatto che Paesi che non hanno la responsabilità storica dei cambiamenti climatici aprano alla collaborazione</b> è un segno di speranza. Allo stesso tempo alcuni, ed in particolare l’India, hanno espresso forti preoccupazioni per il fatto che la decarbonizzazione non avvenga in modo equo, ovvero che vengano chiesti loro sacrifici eccessivi che bloccherebbero la possibilità di migliorare le condizioni di vita della popolazione. E’ una preoccupazione fondata di cui bisogna tener conto.</p><p>La posizione dell’Unione europea – <b>finalmente con il sostegno anche del nuovo Governo italiano</b> – che ha facilitato il raggiungimento dell’accordo sulla tabella di marcia condivisa a Durban.</p><p><b>Gli aspetti preoccupanti</b></p><p>La lentezza del processo: i cambiamenti climatici, come tutti ci stiamo rendendo conto, stano avvenendo molto velocemente. A Durban si è previsto invece <b>l’entrata in vigore del nuovo trattato, che dovrà essere definito entro il 2015, solamente dopo il 2020</b>. L’IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change – e la comunità scientifica internazionale da tempo ci stanno dicendo che le emissioni stanno aumentando di anno in anno in modo esponenziale, solo nel 2010 sono aumentate di oltre il 5% e che per avere la possibilità di evitare effetti catastrofici dei cambiamenti climatici è indispensabile mantenere al di sotto dei 2 gradi l’aumento delle temperature medie globali, come, peraltro, è stato ribadito anche a Durban. Rinviare tutto al 2020 non è coerente né con le indicazioni della comunità scientifica né con le esigenze del pianeta.</p><p>L’impegno ancora insufficiente da parte dei Paesi <b>che hanno la maggiore responsabilità storica per i cambiamenti climatici</b>: non solo Stati Uniti, ma anche Russia e Giappone, che ancora non hanno rinnovato il loro coinvolgimento nel Protocollo di Kyoto, e Canada che, a pochi giorni dalla fine della conferenza sudafricana, ha addirittura annunciato la sua uscita dal Protocollo.</p><p><b>L’incoerenza nelle decisioni di alcune delle principali banche e di parte del mondo finanziario</b>, che se da un lato manifesta sempre maggiore preoccupazione rispetto ai rischi derivanti da iniziative economiche che favoriscono i cambiamenti climatici, dall’altro continuano a concedere finanziamenti in contrasto con l’interesse generale di tutela del clima e dell’ambiente.</p><p><b>3. Verso Rio+20</b></p><p>Il 23 dicembre 2009, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha deciso di organizzare nel 2012 la Conferenza sullo sviluppo sostenibile denominata anche Rio+20, in quanto cadrà a 20 anni di distanza dal Vertice della Terra di Rio de Janeiro del 1992.</p><p>La Conferenza si svolgerà dal 20 al 22 giugno 2012 a Rio de Janeiro e cercherà, attraverso uno sforzo congiunto da parte dei governi e della intera società civile, di raggiungere obiettivi comuni e tutelare gli equilibri del pianeta, verso un nuovo assetto per lo sviluppo sostenibile globale e per l’umanità. <b>Obiettivo finale è rafforzare l’impegno politico per lo sviluppo sostenibile con l’identificazione di un nuovo paradigma di crescita economica, socialmente equa e ambientalmente sostenibile.</b><br />La Conferenza si concentrerà su due temi principali:</p><p><i>A Green Economy in the context o sustainable development and poverty eradication</i> – un’economia verde nel contesto dello sviluppo sostenibile e della riduzione della povertà, come transizione verso un’economia verde, che non sia solo un miglioramento ambientale, ma un nuovo paradigma che cerchi di alleviare minacce globali come i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità, la desertificazione, l’esaurimento delle risorse naturali e al tempo stesso promuovere un benessere sociale ed economico.</p><p><i>The institutional framework for sustainable development</i> –il quadro istituzionale per lo sviluppo sostenibile: come riferimento al sistema di governance globale per lo sviluppo sostenibile, includendo le istituzioni incaricate di sviluppare, monitorare e attuare le politiche di sviluppo sostenibile nelle dimensioni sociale, ambientale ed economica.</p><p>Il Green Economy Report – Il Rapporto sull’economia verde – pubblicato lo scorso anno dall’UNEP, il programma per l’ambiente delle Nazioni Unite, in preparazione della Conferenza Rio+20, ha dimostrato come <b>l’investimento del 2% del PIL globale nei settori dell’economia verde attiverebbe milioni di nuovi posti di lavoro favorendo, allo stesso tempo, la lotta alla povertà e ai cambiamenti climatici</b>.</p><p>L’Italia può contribuire al successo della Conferenza condividendo, insieme ai colleghi degli altri Paesi europei, i risultati già ottenuti dalle nostre realtà imprenditoriali più avanzate, molte delle quali sono associate a Kyoto Club.</p><p>La coscienza dei <b>cambiamenti climatici come opportunità</b> è ancora troppo limitata: spero che oggi riusciremo, ognuno sulla base della propria esperienza, a testimoniare come le politiche e le produzioni ambientalmente compatibili, l’efficienza energetica, le fonti energetiche rinnovabili e tutti i comparti riconducibili all’economia verde creino innovazione, nuova occupazione e una migliore qualità della nostra vita.</p><p>Grazie per la vostra attenzione!</p><p></p>


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