Candiani
Alessandro Gassmann: Anche i jeans possono essere green
Sito web: www.candianidenim.com/it
Nati in Provenza e resi epici da Garibaldi, i jeans hanno attraversato i decenni senza mai passare di moda, e ancora oggi hanno un posto d’onore sulle passerelle e nei negozi d’abbigliamento. Per permettere ai jeans di affrontare la sfida della sostenibilità, serve però che le aziende produttrici intraprendano seriamente la strada dell’innovazione. È quello che ha cercato di fare l’azienda Candiani, nata nel 1938 a Robecchetto con Induno, un piccolo paese a 40 chilometri da Milano. Produrre il denim, il robusto tessuto di cotone con cui vengono confezionati i jeans, ha un forte impatto ambientale. Non è dunque un caso se Candiani sin dagli anni 70 –quando cominciarono a realizzare denim – si è data sempre da fare per trovare metodi per ridurre l’impronta ambientale dell’intero ciclo di vita del prodotto. I risultati non sono male, visto che il fabbisogno di acqua è sceso di quasi il 50 per cento, e del 40 per cento quello dell’energia. Ancora, tra le colture cotoniere sono state preferite quelle basate su pratiche rigenerative. Infine, sono state messe a punto tecnologie per ridurre e poi eliminare l’utilizzo di derivati del petrolio. Ad esempio, grazie al Kitotex, Candiani non utilizza alcol polivinilico per fissare il colore; il destrosio ha preso il posto del polisolfuro usato per certe lavorazioni, mentre l’elastene è stato sostituito con il Coreva, un materiale brevettato (come il Kitotex) che garantisce resistenza all’usura e, al contempo, la completa compostabilità. E con il progetto Re-Cyclone, si sta sviluppando un modello di recupero del tessuto su tre livelli: post-industriale, pre-consumo e post-consumo. Con un fatturato di oltre 120 milioni di euro e circa 600 addetti, Candiani ha aperto ai jeans un futuro sostenibile e, per questo, siamo lieti di annoverarli tra i nostri #GreenHeroes.
Leggi l'articolo originale