Cambiamenti climatici: “il prossimo Assessment Report dell’IPCC si focalizzerà sull’adattamento”

Il 18 e 19 gennaio a Roma si è svolto un incontro di avvio del progetto Interreg Med COMPOSE-Rural communities engaged with positive energy (Comunità rurali impegnate con energia positiva). L’evento è stato organizzato da Kyoto Club, che ha intervistato Lučka Kajfež Bogataj, climatologa slovena e ricercatrice dell’IPCC.

23 gennaio 2017 Fonte: Kyoto Club

Nei giorni 18 e 19 gennaio scorsi si è svolto a Roma, organizzato da Kyoto Club, l’incontro di avvio del progetto Interreg MED COMPOSE – Rural communities engaged with positive energy (Comunità rurali impegnate con energia positiva). Undici nazioni rappresentate e trentasei partecipanti, fra i quali, in qualità di ambasciatrice del progetto, Lučka Kajfež Bogataj, climatologa slovena, professoressa all’Università di Ljubjana e ricercatrice dell’IPCC, l’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite, per il quale, unica donna, ha ritirato il premio Nobel per la pace nel 2007.

Durante la due giorni ha partecipato attivamente con un intervento accompagnato da una presentazione ed ha accettato di prestarsi ad una breve intervista.
Il tema centrale di COMPOSE è la sensibilizzazione, con progetti pilota a livello locale, per ampliare l’uso di fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, focus mantenuto nel discorso della premio Nobel, che non ha rinunciato però ad alcune provocazioni, suscitando un fitto dibattito tra i partecipanti.

“Efficiency first, prima di tutto l’efficienza energetica”, ha sostenuto, “l’efficienza energetica è una questione che riguarda le nostre abitudini e percezioni”: partendo dal consumo medio per cittadino UE, stimato in 125 kWh/giorno – fonti International Energy Agency e UN Department of Economics and Social Affair – ha sottolineato che “il consumo legato all’illuminazione risulta solamente 4 kWh, percentuale minima sul totale dell’energia utilizzata e, invece, per la maggior parte delle persone l’azione immediata per risparmiare energia é spegnere la luce”.

Sulle fonti rinnovabili: “la base di un intervento lungimirante per lo sfruttamento delle fonti rinnovabili è la conoscenza approfondita dell’energy mix. In proposito vi sono molti dati a livello nazionale, disponibili in diversi database, mentre diventano notevolmente più difficili da reperire quelli locali. La grande quantità di numeri con la quale viene bombardata ha indirizzato l’opinione pubblica verso una ruolizzazione geografica delle rinnovabili – i paesi del Nord Europa sarebbero tradizionalmente più green di quelli del Sud – che invece non è confermata dai dati”.

Di seguito, il grafico – fonte EUROSTAT – mostrato nella presentazione, nel quale “si nota come alcuni paesi del Nord (Paesi Bassi, Regno Unito, Lussemburgo, Belgio, Irlanda, la stessa Germania) abbiano una percentuale di rinnovabili molto inferiore a quella di Portogallo, Romania o Croazia”.“Inoltre” – ha proseguito – “succede spesso che in un territorio si programmi la realizzazione di impianti di produzione di energia da rinnovabili concentrandosi sulla fonte sbagliata, per il solo fatto che la lobby locale legata a quella fonte sia più radicata rispetto ad altre. Questo porta alla costruzione di strutture con pesante impatto ambientale e di visual pollution (inquinamento visivo) – esempio le turbine eoliche – non giustificata dal potenziale del territorio per quella specifica fonte di energia”.

La conclusione dell’intervento è stata dedicata ai cambiamenti climatici, con i grafici riprodotti più sotto: “I cambiamenti climatici avranno un grande impatto sulla disponibilità delle fonti rinnovabili e sul potenziale a livello locale. È un problema incredibilmente sottovalutato e la ricerca in proposito è ancora troppo scarsa.
Ad esempio, consideriamo i grandi bacini idro-elettrici alpini. In futuro, con una probabile grande riduzione delle superfici dei ghiacciai e delle precipitazioni, il potenziale idro-elettrico potrebbe diminuire in maniera drastica. Anche i profili di velocità del vento e dell’insolazione cambieranno molto rapidamente in questo secolo, e potrebbero ribaltare la valutazione sull’opportunità di realizzare grandi impianti eolici o fotovoltaici in aree dove qualche decina d’anni li renderebbe non più convenienti”.Le risposte della prof.ssa Lučka Kajfež Bogataj a due domande sull’attività futura dell’IPCC:
È stato annunciato che il prossimo Assessment Report dell’IPCC (AR6 – previsto tra il 2019 e il 2021) avrà “un’attenzione speciale per l’impatto dei cambiamenti climatici nelle città, dove l’adattamento e la mitigazione
rappresenteranno sfide e opportunità uniche”: su quali azioni sarà il focus, e quali sono da considerarsi le più promettenti?

Il prossimo AR sarà incentrato molto, più che sulla mitigazione, sull’adattamento ai cambiamenti climatici, e in questo senso le città avranno un ruolo centrale. Le previsioni future danno una percentuale di inurbamento che arriverà su scala globale al 70%, e la popolazione delle città sarà proprio quella più vulnerabile. Fenomeni come le heat waves (ondate di calore), la siccità o l’aumento del livello del mare avranno un impatto più evidente nelle città. Problemi ambientali già esistenti, come l’inquinamento dell’aria, verranno amplificati e resi più gravosi dall’aumento della temperatura. A livello locale, le azioni da sottolineare saranno quelle in grado di far fronte a entrambe le criticità: ad esempio, il miglioramento dell’isolamento di un edificio permetterà sì di consumare meno energia durante l’inverno, ma anche di limitare il problema delle ondate di calore estive, fornendo un contributo sia alla mitigazione che all’adattamento”.

Nel prossimo Special Report (SR, previsto per il 2018) verranno illustrati gli effetti di un aumento di temperatura di 1.5 °C rispetto ai livelli pre-industriali; considerato che con gli impegni annunciati dai governi prima della COP 21 si andrebbe verso un aumento delle temperature medie globali a fine secolo ben superiore ai 2°C, lei crede sia realistico mantenere l’obiettivo di +1.5°C ? “Lo scopo del prossimo SR non sarà quello di dimostrare che l’aumento di 1.5°C sia raggiungibile – personalmente credo che con le politiche attuali si arriverà molto vicini ai +3°C – ma di sottolineare la grandissima differenza in termini di cambiamenti climatici tra +2°C e +1.5°C. Ad esempio, mantenendosi a +1.5°C, il fenomeno delle ondate di calore nelle città rimarrebbe simile alla situazione attuale (circa 5-6 ogni estate), mentre raggiungendo i +2°C la frequenza raddoppierebbe. Il rapporto dimostrerà che mentre sono necessari grandi cambiamenti per raggiungere +2°C, passare da +2°C a +1.5°C non comporterebbe grandi sforzi ulteriori. Se possiamo arrivare a +2°C, allora possiamo facilmente arrivare a +1.5°C. Di questo ne sono certa”.

In allegato (pdf) la presentazione a cura di Lučka Kajfež Bogataj.

Articolo di Eugenio Barchiesi, Collaboratore Kyoto Club – Gruppo di Lavoro “Efficienza Energetica”.

Presentazione a cura Lucka Kajfez Bogataj (pdf)


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