COP21, l’intervista a Silvestrini su Agi Energia

Qual è il giudizio generale sul risultato della COP21? L'opinione di Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club e QualEnergia, sulla COP21 di Parigi in un'intervista su Agi Energia.

18 dicembre 2015

<p>Qual è il suo giudizio generale sul risultato della Cop 21?

Il giudizio è fondamentalmente positivo. Ci sono alcuni risultati che sarebbe stato difficile immaginare: hanno firmato praticamente tutti i Paesi del pianeta, comprese l’Arabia Saudita e l’India, ed è stato inserito nel testo finale il riferimento al tentativo di mantenere l’aumento della temperatura globale sotto i due gradi, possibilmente di un grado e mezzo, obiettivo per il quale avevano lottato per molti anni le isole del Pacifico che rischiavano di scomparire e che ha trovato una sua dignità. Naturalmente questo va considerato come un passaggio e la reale battaglia comincia adesso per far sì che questi obiettivi si traducano in politiche concrete dei vari Paesi. Da questo punto di vista ci son segnali positivi e altri in chiaroscuro. Per esempio, Usa e Germania hanno immediatamente reagito. Berlino ha annunciato per l’anno prossimo un programma di politica al 2050 per decarbonizzare l’economia e l’uscita del carbone dalla generazione elettrica. Washington ha deciso di prolungare fino al 2024 quegli incentivi al fotovoltaico che era previsto terminassero a fine 2016. L’Italia, invece, ancora non dà segnali. Speriamo che la Cop 21 si traduca anche da noi in una seria politica climatica.

Alcune associazioni ambientaliste hanno espresso giudizi ingenerosi sull’accordo, in particolare a proposito dei numerosi impegni non vincolanti…

Anche noi avremmo voluto che fossero inseriti altri contenuti: si dice che bisogna arrivare rapidamente al picco ma non si identifica una data, non è incluso il trasporto marittimo e aereo, sul carbon pricing il testo è molto vago… I limiti ci sono ma quel che va valutato, secondo me, è l’impatto che il testo potrà avere ai vari livelli istituzionali, quello che potrà rappresentare per un’accelerazione delle politiche climatiche locali, regionali, nazionali ed europee. Ad esempio, sono convinto che, proprio per impulso della Cop 21, la Ue alzerà i suoi obiettivi al 2030, portando dal 27% al 30% i suoi target per efficienza energetica e rinnovabili. Posto che la maggior parte delle associazioni ambientaliste, da Greenpeace a Friends of the Earth, ha espresso giudizi positivi, i pareri negativi o di disillusione sono anche tatticamente sbagliati. Se vogliamo chiedere al governo o alla Ue di alzare i propri obiettivi, possiamo farlo se siamo convinti di partire da un testo forte e ambizioso, altrimenti non abbiamo nemmeno la capacità contrattuale nei confronti degli interlocutori. Tutti dicono che si poteva fare di più ma riuscire a mettere insieme tutti i Paesi comporta necessariamente una mediazione.

Ha sostenuto più volte che la Ue ha perso slancio nel portare avanti le istanze ambientali, facendosi sorpassare da Usa e Cina. Quali sono le ragioni di questa frenata?

Il punto è che inizialmente si era parlato di un obiettivo sulle rinnovabili del 30% e poi nel confronto tra Commissione e singoli Stati è stata fatta marcia indietro, in quanto Paesi come la Polonia hanno imposto una forte resistenza. Gli Usa hanno invece agito in maniera molto dinamica a livello internazionale: ricordiamo l’accordo con la Cina. Obama, pur avendo le mani legate da un Congresso a maggioranza Repubblicana, ha usato in maniera intelligente l’Environmental Protection Agency, ovvero il ministero dell’Ambiente, per far passare politiche green sui livelli di consumi delle auto e sulle emissioni di CO2 delle centrali elettriche. Pechino, da parte sua, sta oggettivamente accelerando parecchio sulle politiche climatiche per vari motivi, dall’inquinamento delle città all’importanza che stanno iniziando ad assumere i settori green dell’economia. La Cina ha avuto quindi interesse in un accordo internazionale che allargasse il mercato delle tecnologie verdi, nel quale il Paese sta diventando molto forte. L’Europa aveva un obiettivo ambizioso e ha avuto un ruolo fondamentale ai tempi del protocollo di Kyoto e nei 15 anni successivi. Se con il protocollo di Kyoto c’è stato un boom delle rinnovabili in tutto il mondo è stato grazie all’Europa. La partita che si apre adesso con Parigi è quella dell’abbandono dei combustibili fossili, così come Kyoto aveva aperto quella delle rinnovabili, un elemento di fondo che chi non guarda molto in là rischia di non percepire, a livello di visione.

Intervista a cura di Francesco Russo su Agi Energia.

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